Ho sempre pensato che Francesco Guccini fosse un autore importante e significativo per la storia della canzone italiana, di conseguenza della cultura popolare della seconda parte del ‘900.

Così quando Dino Stewart e Raffaele Viganò (che definirei “discografici illuminati”) della Bmg, ai quali si è aggiunto, poi, Edoardo Tozzi, che con la sua gentilezza e pazienza, ha coordinato il progetto, sono venuti a trovarmi alle Officine Meccaniche per propormi di lavorare sul repertorio di Francesco, sin da subito ne sono stato intrigato e onorato.

Ci siamo trovati d’accordo che potesse essere una bellissima occasione per far sì che un genere musicale emblematico per una certa generazione, ormai adulta, arrivasse anche alle generazioni più giovani.

Insomma, si trattava di una bella sfida professionale!

Il lavoro preparatorio è stato lungo e sempre condiviso.

Ho trascorso giornate intere a fare ascolti provando ad associare con l’immaginazione gli interpreti al repertorio.

Perché l’altra sfida che mi ero posto era quella di proporre una selezione di brani che facesse riemergere dei pezzi “minori” di Francesco, ma che ho sempre pensato fossero dei piccoli grandi capolavori cantautorali.

Lavorare su testi così pregni di bellezza e profondità è stato allo stesso momento molto facile e molto difficile.

In ogni canzone le parole si susseguono, sono dense, suggeriscono immagini, disegnano atmosfere. È stato necessario leggere e rileggere, ascoltare e riascoltare. E poi cercare di far sì che la musica volasse alta ad accompagnare i versi.

Quando ho dovuto decidere gli interpreti, imprescindibile è stato coinvolgere alcuni tra i grandi protagonisti della nostra canzone, ma altrettanto imprescindibile è stato invitare artisti generazionalmente più giovani. La cosa sorprendente è stato scoprire quanto, per molti di questi ultimi, il lavoro di Francesco fosse stato importante per il consolidamento della propria crescita personale e della propria carriera artistica. Quasi tutti avevano un’idea precisa di che pezzo scegliere tra quelli che gli avevo proposto, memori, in molti casi, dell’educazione musicale ricevuta dai genitori.

Penso di poter affermare che tutti i partecipanti al progetto, incluso me, abbiano usato questa occasione per “ringraziare” in modo diretto e con affetto il Maestrone, per quello che rappresenta con la sua arte.

E la dimostrazione è stata la sincera felicità da parte di ciascuno degli artisti invitati, che allo squillare della mia chiamata hanno accettato, senza esitazione.

Il passo successivo è stato convocare una squadra di musicisti di grande livello che aiutassero a tradurre le mie suggestioni e le mie emozioni in suono. Così ho potuto contare sulla disponibilità e l’entusiasmo di Elio Rivagli, raffinatissimo batterista, di Max Gelsi, principe del basso, di Luca Colombo e del suo elegante tocco alla chitarra, del gusto e della creatività di Luca Mattioni alle tastiere.

E poi, l’orchestra d’archi Ensemble Symphony Orchestra, i fiati capitanati da Gabriele Comeglio e l’inconfondibile fisarmonica di Walter Porro. Il tutto registrato e mixato dalla straordinaria abilità del mio fido braccio destro Giuseppe Salvadori.

Certo la vita è stata generosa con me, mi ha offerto di lavorare con artisti speciali, tra i quali Guccini e Fabrizio De Andrè.

Il mio rapporto lavorativo con loro è stato molto diverso. Se con Francesco ho avuto la libertà di produrre e arrangiare pezzi da lui scritti negli anni, con Fabrizio ho scritto e prodotto due dischi, Creuza de Ma e Le Nuvole. Francesco e Fabrizio, due spiriti molto simili tra di loro, e contemporaneamente diversi. Accomunati dalla capacità di saper scrutare a fondo nell’animo umano e di tradurne in parole le sensazioni, i tumulti.

E come sempre mi piace dire quando racconto del mio incontro artistico con Francesco: ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!

Related Posts